Sovranità

Nel corso della crisi è risultato chiaro che i problemi che hanno avuto le banche non hanno avuto soltanto conseguenze locali, ma si sono propagate anche altrove. Questo è avvenuto perché il sistema monetario, finanziario e commerciale è stato progressivamente aperto ed interconnesso a livello internazionale. Nel quadro internazionale è risultato chiaro come le contromisure prese a livello politico si sono rivelate insufficienti.

1. Una progressiva cessione di sovranità

L’attuale assetto geopolitico degli stati dell’Unione Europea è stato reso possibile attraverso una serie di trasformazioni progressive che sono iniziate già nell’immediato secondo dopoguerra, e hanno impiegato decenni ad essere compiute. Nel corso di questo lungo periodo l’Italia e gli altri paesi europei hanno via via ceduto poteri e “pezzi” di sovranità ai nuovi organismi sovra-nazionali dell’Unione Europea che sono stati posti in essere. Nell’Unione Europea una serie di prerogative sovrane sono state in parte cedute alle istituzioni dell’Unione Europea, e in parte mantenute a livello dei singoli stati nazionali. I poteri sovrani legislativo e giuridico sono stati messi in parte in comune, come anche ad esempio le politiche relative al mercato comune, e persino la polizia e il comparto militare sono stati in una certa misura coordinati a livello transnazionale. Le eccezioni sono le tasse e la spesa governativa, che finora sono stati pienamente mantenuti a livello nazionale. Al contrario la prerogativa monetaria, cioè il monopolio della divisa, l’emissione di moneta e il signoraggio sono stati completamente ceduti all’Unione Monetaria Europea (EMU) “de jure”, mentre “de facto” l’emissione di moneta e il signoraggio sono stati quasi del tutto ceduti al sistema bancario privato. Al momento attuale ci troviamo a metà tra una situazione di sovranità nazionale e una dimensione sovranazionale incompleta ed in divenire.

2. Una moneta sovrana a metà

Ciò che è risultato un grande problema per l’euro come moneta “sovrana” è il fatto che gli stati dell’Unione Europea non hanno un normale prestatore di ultima istanza che crei denaro e lo presti ai rispettivi ministeri del Tesoro in caso di necessità. L’articolo 123 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU) proibisce alla BCE e a tutto il SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali) di contribuire direttamente al finanziamento del governo. Non sono nemmeno consentite anticipazioni temporanee. Al contrario, le banche sono inondate da riserve delle banche centrali: se c’è la necessità, esse ottengono una iniezione di liquidità dalla propria banca centrale nazionale. Oltre a ciò, le banche centrali nazionali non devono gestire deficit di pagamenti all’interno della BCE.  L’articolo 123 del TFEU è una legge che concede all’industria bancaria privata privilegi enormi: lo Stato ha ceduto la componente 2) e 3) della prerogativa della sovranità monetaria (creazione della quantità di moneta e signoraggio) alle banche, mettendo i governi in una posizione di dipendenza finanziaria dalle banche e dai mercati azionari ed esponendoli alle debolezze sistemiche del sistema bancario privato che si manifestano in tempi di crisi.

3. Conflitti di interesse e altre stranezze

La BCE dal punto di vista giuridico risulta una società per azioni privata, partecipata in diversa misura dalle banche centrali nazionali. Significativamente anche la Banca di Inghilterra, che ha rifiutato di adottare l’euro, ne possiede una significativa quota azionaria del 13%, mentre una quota superiore al 12% è nelle mani di Bankitalia. Quest’ultima è anch’essa una S.p.A., un’azienda privata le cui azioni sono possedute per il 95% dai principali gruppi bancari privati. La giustificazione di ciò, anche presente sui libri di testo universitari, è che la banca centrale deve poter prendere decisioni in materia di politica monetaria in maniera indipendente dal colore politico del governo di turno e quindi non deve essere un organismo statale.

Se questa debole argomentazione può essere in parte condivisibile occorre chiedersi: che misure hanno allora i cittadini per potere valutare la buona condotta della Banca Centrale stessa? Risulta chiaro come sia sempre più impossibile, ora che le decisioni di politica monetaria vengono prese negli uffici di Bruxelles. Poniamoci anche questa seconda domanda: se consideriamo che tra i compiti della banca centrale c’è quello di vigilare sull’operato delle varie banche commerciali, cosa accade se vigilante e vigilato sono la stessa persona?

4. Unione bancaria

In realtà il compito di vigilanza, a partire dalla fine del 2014 è stato delegato alla BCE per essere coordinato a livello europeo. Questo è il primo passo verso la cosiddetta Unione Bancaria, che sarà completata nel 2016 con l’introduzione del Sistema di Risoluzione Unico (SRM), che centralizzerà a livello europeo la risoluzione ordinata delle banche in dissesto, attraverso un fondo comune al quale tutte le banche commerciali dovranno contribuire. L’Unione Bancaria non risolverà la crisi attuale, né sarà in grado di prevenire che crisi simili possano accadere di nuovo in futuro: tali misure possono solo assicurare che il sistema così come lo conosciamo oggi a livello nazionale sarà aumentato in scala a livello Eurozona. Le banche saranno ancora praticamente senza riserve, e non avranno nessun vincolo che impedisca la creazione di moneta. Per questa ragione trasferire a livello europeo questo compito di vigilanza risulterà almeno tanto inefficace quanto lo è quello attuale.

5. Al di sopra dell’unione europea

Il 23 settembre 2013 Yves Mersh, membro del comitato esecutivo della BCE, dichiarò quanto segue.

“(…) Se avvengono degli shock o dei fallimenti bancari, occorre che ci sia una efficace gestione della crisi e un meccanismo di risoluzione con punti fermi e credibili. Molti di questi elementi erano o deboli o mancanti nell’Europa o negli stati membri con una forte presenza bancaria. Allo stesso tempo, l’unione monetaria ha bisogno dell’unione bancaria perché banche con bilanci a posto sono un necessario complemento di una moneta a posto.” ” (…) Qualcosa è emerso ora nel giugno del 2012 alla riunione dei capi dell’area euro: scintille di una visione europea condivisa per una coerente e possibile architettura dell’unione monetaria europea. I presidenti del Consiglio Europeo (Herman Van Rompuy), dell’Eurogruppo (Jean-Claude Junker), dell’Unione Europea (José Manuel Barroso) e della BCE (Mario Draghi) hanno stilato ciò che è stato chiamato il “rapporto dei 4 presidenti”. Il rapporto delinea una nuova architettura per una unione monetaria ed economica europea creando quattro unioni nel corso della prossima decade: – unione bancaria, comprendente uno schema finanziario integrato, un Sistema di Risoluzione Unico, e uno schema di risoluzione bancario – unione fiscale, comprendente un integrato schema di budget che supererà il patto di bilancio europeo – unione economica, comprendente uno schema di politica economica integrato e – unione politica, che preveda un miglioramento della legittimità democratica e verificabilità di tutti i corpi decisionali all’interno dell’Unione Europea.” – “()… Speriamo che Jean Monnet avesse ragione quando disse che L’Europa sarà forgiata dalle crisi, e sarà la somma di tutte le soluzioni adottate per superare queste crisi”.

Qui si spiega che non solo non vi è una politica efficace per gestire le crisi a livello europeo ma non era nemmeno stata pensata e nemmeno c’è qualcosa di simile previsto a breve all’orizzonte.

6. Trasferimento di sovranità

Una volta che si sarà realizzata l’unione fiscale, l’Unione europea dovrà approvare i bilanci del governo prima che quest’ultimo possa metterli in pratica: si tratta di un enorme potere che viene ceduto al di fuori del nostro paese. Anche se già oggi gli istituti di credito internazionale sono in grado di influenzare la politica rendendo gli Stati completamente dipendenti dai mercati azionari, nella prossima decade con la realizzazione delle quattro unioni il settore bancario avrà il potere completo per plasmare la nostra economia.  E’ necessario agire oggi per proporre una riforma del sistema monetario e politico a livello nazionale ed internazionale.