Disuguaglianza

Poiché quasi tutto il denaro che circola è preso “a prestito” dalle banche, i cittadini devono pagare gli interessi praticamente su ogni euro scambiato in Europa. Questi altissimi interessi spostano il denaro dal 90% della popolazione per accentrarlo nel restante 10%. Contemporaneamente anche le bolle immobiliari e l’instabilità finanziaria contribuiscono ad aumentare la diseguaglianza tra i poveri e i ricchi.

Per approfondire

1. Il sistema redistribuisce denaro dal 90% della popolazione al 10% più ricco

Il 90% della popolazione paga alle banche sotto forma di interessi più di quanto non riceva da esse, e questo porta ad una redistribuzione di ricchezza dal basso verso l’alto. Complessivamente in Italia vengono pagati 100-120 mld di euro all’anno come interessi sui prestiti personali e un totale di 70-80 mld di euro all’anno come interesse passivo sul debito pubblico. Negli ultimi 20 anni (1995-2014), il bilancio dello Stato Italiano si è chiuso con un “avanzo primario” 18 volte su 20: le uniche eccezioni sono il 2009 (-0,9%) e il 2010 (0%). Il totale dell’avanzo primario nel ventennio 1995-2014 è stato pari a 670 miliardi di euro. Il che significa che i cittadini italiani hanno dato allo Stato 670 miliardi in più di quello che hanno ricevuto dallo stesso in termini di servizi. Quei 670 miliardi sono andati a coprire, attraverso le tasse, gli interessi sul debito pubblico, in una spirale che, con le attuali politiche di austerità, è destinata ad auto-riprodursi senza alcuna via di uscita. Dal 1982 ad oggi, lo Stato ha pagato circa 3.500 mld di euro solo di interessi, cioè una cifra molto superiore al debito pubblico attuale, e gli interessi rappresentano la terza voce di spesa pubblica (70-80 miliardi l’anno) dopo la previdenza e la sanità.

Risulta quindi evidente che il meccanismo del debito pubblico crea e amplifica le disuguaglianze, poiché di fatto i detentori del debito (chi possiede titoli di stato) riscuotono gli interessi, mentre tutti gli altri cittadini pagano maggiori tasse per ripagare anche gli interessi sul debito. Se consideriamo infatti che circa l’80% del debito pubblico italiano è nei portafogli di banche, assicurazioni ed altre istituzioni finanziarie italiane ed estere, contro il 10% detenuto dalle famiglie (famiglie che non sono automaticamente i piccoli risparmiatori: verosimilmente, sono grandi risparmiatori, cioè ancora una volta i ricchi) risulta evidente che gli enormi sacrifici richiesti per pagare debito e interessi servono ad alimentare i bilanci del sistema bancario-finanziario italiano ed estero.

2. Trasferisce denaro dall’economia reale alle banche

Le imprese si trovano in una situazione simile. L’economia “reale” (non finanziaria), quella produttiva, necessita di denaro per potere funzionare, e quando le imprese prendono denaro a prestito, poiché il denaro è creato a debito, anche loro pagano gli interessi alle banche. Questo significa che anche le attività commerciali e produttive (negozi, uffici, fabbriche) finiscono per finanziare il settore bancario. Più alto è il livello di debito privato nell’economia, più denaro viene drenato dall’economia reale e pompato nel settore finanziario sotto forma di interessi.

3. L’instabilità generata dal sistema fa sì che i lavoratori temporanei e sottopagati siano ancora più precari

L’attuale sistema bancario genera e alimenta le crisi finanziarie in quanto nei periodi di espansione economica le banche immettono velocemente molta moneta nel sistema sotto forma di prestiti e poi la drenano altrettanto velocemente nei periodi di recessione richiedendo il rimborso dei prestiti. Uno dei principali effetti che ne derivano è l’aumento della disoccupazione. Vale la pena sottolineare che in momenti di crisi, un aumento della disoccupazione avrà un impatto maggiore su coloro che hanno lavori più precari e sottopagati.

4. L’instabilità che il sistema causa significa che i lavori temporanei e sottopagati sono ancora più insicuri

Il mercato italiano ha visto un forte crescita dei prezzi fino al 2007-2008, per poi subire una riduzione negli ultimi anni dovuta a scarsità di domanda. Infatti, seppur in Italia i prezzi delle case si siano ridotti a seguito della crisi, è anche vero che il sistema bancario è sempre più restio a concedere prestiti sotto forma di mutui ai “non bancabili”, a coloro, cioè, che non hanno sufficienti garanzie di rimborso delle rate e potrebbero restare senza lavoro. Giovani e lavoratori precari sono i perdenti di questo gioco poiché, pur riuscendo a soddisfare i requisiti per contrarre un prestito/mutuo, il costo del debito per l’acquisto della prima casa fagocita la maggior parte del loro stipendio. Chi ci guadagna sono sempre i più ricchi che si possono permettere più case, perché possono comprare quando i prezzi calano e aspettano di vendere quando i prezzi sono alti, guadagnandoci sempre. Stiamo parlando di un piccola parte di popolazione che mediamente è più anziana e più abbiente. Tutto ciò aumenta la diseguaglianza sociale tra poveri e ricchi, giovani e vecchi.